LONDON CITY – NEXT STATION: SEVEN SISTERS

Next Station by Thomas Avi from London City

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Mai nella mia vita avrei creduto di finire a Seven Sisters. Eppure quando sospendono intere tratte di metropolitana che spostano ogni giorno qualcosa attorno ai 9 milioni di persone, ti girano le eliche e finisci dove non vorresti essere. Nel mio caso, seven sisters appunto. Un luogo abbandonato da Dio per pura disperazione.

Esco dalla metro mentre tizi saltano le barriere e saltano addosso alla gente che sembra avere un valido titolo di viaggio. Faccio ovviamente finta di niente e sorrido al signore che mi spinge. Mi tocchi un’altra volta e ti strappo la pelle e mi ci faccio un cappotto. Questo più o meno e quello che il mio sguardo sereno vuol comunicare.

A quel punto, Riccardo assiste allo sguardo omicida e dall’altra parte delle barriere mi sorride. Un sorriso angelico. Io sbavo con gli occhi a cuore. Un amore non ricambiato, o forse sì, probabilmente no. Ma a me non interessa. Riccardo é il mio angelo custode e il diavolo che mi spinge nella via della perdizione. Ma a me non interessa. A me basta stare con Riccardo. Finché scompare di nuovo. Per mesi e mesi. Poi ritorna e io ci casco di nuovo. Perché sono pirla e innamorato a tal punto che faccio tesoro anche del dolore che mi provoca.

Mi chiede: “che fai qui?” E io sorrido. Come un ebete. Mi invita a pranzo. No problem. Fanculo al lavoro. Parliamo per due ore, di tutto e di niente, non mi interessa. Lui è il mio angelo. Lo saluto, mi prende il braccio e mi bacia come in un romanzetto rosa di terz’ordine. Vado al lavoro e invento scuse che non potrebbero stare in piedi manco con le stampelle. Non mi interessa cosa pensano gli altri. Arrivato a casa gli scrivo “grazie per il pranzo, quando posso ricambiare il favore?” Nessuna risponde. Riccardo é uno stronzo. Ma non sono per niente stupito.

Sabato 3 giugno 2017. Londra è sotto attacco, io sono a casa di Simone. BBC news annuncia le stragi. Il mio cellulare vibra. Quell’angelo di Riccardo mi chiede se sono al sicuro. Non rispondo. Mi chiama, gli spiego dove sono e che sto per tornare a casa. Mi chiede di stare lì per un’altra mezz’ora finché non si calmano un po’ le acque. Dico di sì, ma non aspetto. Recupero le mie cose e mi avvio verso casa lungo un viale costeggiato da alberi che si muovono col vento. Provo a scacciar via la negatività della serata con un po’ di musica. Mi afferrano il braccio io prendo un colpo. Anzi due. É quel diavolo di Riccardo. Mi accompagna a casa in auto. È tardi. Tardissimo. Lo invito a restare per la notte. E lui resta.

Non lo so se gli angeli esistono. Ma chi sono io per non crederci quando ne ho uno che mi abbraccia stanotte?

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