FEB31st è un’azienda italiana nata dall’intuizione e dalla tenacia di tre imprenditori e diffusa nel mondo. Volevano una manifattura leggera e solida, aperta al nuovo, flessibile al cambiamento e fashion. Rapida e artigianale. Rispettosa della natura, delle persone che vi lavorano, delle loro abilità e dei processi economici. Capace di dare al proprio cliente libertà di scelta e di reale personalizzazione dell’oggetto di manifattura. Pareva proprio un’azienda da 31 Febbraio. Ossia: non può essere. Invece è. Per questo si chiama FEB31st.
FEB31st produce i propri occhiali interamente in Italia. Li pensa, li disegna, li realizza combinando alta ingegneria, meccanica e sapiente manualità. Così è possibile che ogni FEB31st sia unico perchè c’è una soddisfazione e una bellezza terrena e divina nel “fare”. (il 75% dei dipendenti di FEB31st è composto da operai – artigiani.
FEB31st è davvero eco-friendly poiché ha individuato uno spreco e lo ha abbattuto: non ha magazzino. Produce, velocissimamente, solo su ordinazione.
Magazzino26, sostiene queste aziende virtuose, contribuisce alla loro crescita promuovendone il brand attraverso le pagine del blog. In questo caso specifico alcuni del nostro staff hanno lavorato allo styling del video-promo. Vi facciamo quindi vedere anche lo shooting, vedrete qualcuno di noi in mezzo alla natura e all’energia di questi meravigliosi luoghi: Suedtirol Trentino Alto Adige.
Nel panorama delle sostanze realmente benefiche per la cura della pelle matura, il Coenzima Q10 è tra le più efficaci per il suo potere antiossidante e protettivo contro i radicali liberi e di riduzione dei segni dell’invecchiamento, potenziando la sintesi del collagene; questa sostanza naturale è presente in tutte le cellule umane, dove svolge una funzione fondamentale nella bioenergetica delle cellule, motivo per cui è anche un importante integratore per via orale.
Proprio per completare la routine anti-age da alcuni mesi sto utilizzando questo siero Bioearth Idra-Olio Q10, un prodotto bifasico che utilizzo nella skincare serale, la sua consistenza solo leggermente oleosa al tatto (contiene infatti una quota idratante che ne aiuta l’assorbimento) penetra nella pelle con facilità, pur consentendo qualche minuto di massaggio linfodrenante o liftante, che effettuo rigorosamente con le mani, non servono necessariamente device cosmetici elettronici per integrare la cura del viso.
L’Idra Olio Q10 ha una base di oli fortemente rigeneranti e nutrienti come jojoba, melograno ed avocado, uniti ad estratto di vite rossa ed elicriso per potenziare l’efficacia antiossidante del coenzima Q10; al contrario di altri attivi cosmetici che a fronte di un’indiscussa efficacia possono presentare anche qualche effetto collaterale (come retinolo e Vitamina C) l’utilizzo di questo siero è perfettamente tollerato dalla mia pelle sensibile, un ottimo alleato per mantenere idratazione e struttura del derma.
Al prossimo appuntamento nel mio angolo cosmetico!
La stagione autunnale grigia ed umida della pianura padana è il tempo perfetto per concedere alla pelle un trattamento urto a base di Vitamina C, uno dei migliori nel panorama cosmetico eco-bio è Supreme-C di Nuori, azienda danese che fa della freschezza dei suoi ingredienti attivi il punto di forza della gamma.
La routine si sviluppa su una ventina di giorni di trattamento, la Vitamina C pura viene miscelata al siero veicolante immediatamente prima dell’utilizzo, per garantire l’efficacia di questo ingrediente cosmetico così efficace e così delicato da “maneggiare”!
Ho utilizzato questo siero sia nella routine mattutina che in quella serale, ed i risultati di pelle più uniforme e perfezionata si sono visti dopo la prima settimana di trattamento; specialmente con le prime applicazioni si può avvertire un lieve pizzicore ed arrossamento, che tende a sparire nel tempo, attenzione solo per le pelli estremamente reattive per cui è meglio procedere con cautela.
Il formato con il dosatore è perfetto per applicare la giusta quantità: una dose di siero è ideale per l’applicazione su viso e collo (non dimentichiamolo…), è molto liquido e va lavorato e tamponato velocemente ma questo aspetto poco piacevole è bilanciato dall’efficacia indubbia di questo trattamento.
Mi ha aiutato a schiarire alcune macchie solari che pensavo di non riuscire ad eliminare e protegge la pelle dalla iperpigmentazione e dai radicali liberi; secondo alcuni studi scientifici la Vitamina C contribuisce alla sintesi del collagene e ne stimola la produzione, un’ottima funzione antiage da abbinare al suo potente effetto foto protettivo. In conclusione Nuori ha creato un rituale perfetto per affrontare la stagione fredda con un viso dall’aspetto tonico e luminoso.
Al prossimo appuntamento con il mio angolo cosmetico!
a cura di Alessandra Cristiani – Consulenza Spose LA FATA MADRINA
La primavera inoltrata e l’estate sono i periodi propizi e più gettonati per convolare a nozze. La bella stagione infatti permette di godere sia di giornate più lunghe che di un clima decisamente favorevole per la celebrazione all’aperto della cerimonia e del conseguente ricevimento di nozze.
A seconda del loro stile gli sposi potranno scegliere tra il mood country chic oppure un gusto più rustico.
Sarà la natura a fare da sfondo al matrimonio e l’abito nuziale dovrà adeguarsi al contesto permettendo alla sposa di muoversi agevolmente risultando elegante e chic. L’abito dovrà essere leggero e possibilmente con poco strascico considerando che, per gran parte della giornata, la sposa camminerà sull’erba.
A questo proposito suggerisco anche un tipo di calzatura con tacco non troppo alto e possibilmente largo (per evitare che si “pianti” nel terreno). In alternativa saranno perfette anche ballerine, sneakers, oppure dei sandali rasoterra.
ABITI DA SPOSA… EN PLEIN AIR
Come dicevo, comodità, leggerezza ed eleganza sono le principali qualità che deve possedere un abito da sposa adatto a nozze diciamo “campagnole” o comunque che si svolgano all’aria aperta. Tenendo conto che ogni sposa ha il suo suo mood e le sue esigenze, per non scontentare nessuna, ho selezionato varie tipologie e stili d’abito nuziale tutti adatti alle nozze en plain air.
STILE BOHO CHIC
Lo stile boho è Super trendy, sciolto, leggero ma anche femminile e sensuale.
ROMANTIC STYLE
Per la sposa che ama gli abiti ampi e romantici è perfetto l’abbinamento tulle/chiffon e pizzo oppure l’organza….
…ma anche tessuti più sostenuti come il mikado dall’allure un po’ “bon ton” o il “croccante” taffetà…
…senza dimenticare le stampe ed i ricami floreali.
L’ABITO DA SPOSA CORTO E QUELLO TRASFORMABILE
L’abito da sposa corto è davvero la quintessenza della praticità, per questo si rivela perfetto per le nozze campagnole.
Se però non si vuole rinunciare al lungo ma nemmeno alla comodità, un abito da sposa trasformabile è la soluzione ideale, con gonna o con pantaloni.
Una volta finita la cerimonia via la gonna e la sposa è pronta per godersi il ricevimento/ picnic nuziale e per partecipare a giochi sul prato oppure scatenarsi nelle danze.
IN CONCLUSIONE QUALCHE IDEA…SFIZIOSA
Il jeans è un materiale super versatile, avreste mai pensato che si potesse utilizzare anche per confezionare un abito da sposa? E’ originale e perfetto per le nozze campagnole!
Un altro tessuto di tendenza ed un grande ritorno è il pizzo sangallo, in fresco cotone, per la sposa dallo stile spontaneo e fuori dagli schemi.
E per completare in modo adeguato il country wedding look, bouquet di fiori di campo con portafedi abbinato!
Un’idea chic, simpatica e (perchè no) anche economica, semplicissima da realizzare anche da sé.
Maestra di couture, vista dai suoi colleghi come nume tutelare e antesignana, Madame Grès ha continuato a ripetere per tutta la vita: “Volevo fare la scultrice. Per me, è la stessa cosa lavorare la stoffa o la pietra.” La sua ricerca l’ha portata attraverso il mondo antico ma anche in Nord Africa e in India. Un viaggio di cinquant’anni, che parte dalla statuaria ellenistica e arriva al puro minimalismo di cui è stata la precorritrice nel mondo della moda. Nel 1933, i modelli della futura Madame Grès – il cui vero nome è Germaine Krebs – sono già conosciuti come Maison de Couture Alix. Nel 1942, Germaine Krebs apre la sua casa di moda sotto il nome di Grès che dirigerà fino al 1988. Partendo da un abito che ha immaginato senza cuciture, ha inventato un’economia di linee e volumi volontariamente senza tempo e originale, trasformando il corpo della donna in quello di una dea.
Una creazione di Madame Alix del 1935
Germaine Emile Krebs nasce il 30 Novembre 1903 a Parigi, nel 17° arrondissement da una famiglia della piccola borghesia locale. Nel 1920, malgrado il suo desiderio di diventare ballerina e scultrice, professioni non appropriate a una ragazza di quei tempi secondo i genitori, decide di avvicinarsi al mondo della sartoria.
Se crediamo alla leggenda che circonda la misteriosa Madame Grès, alias Germaine Krebs, apprende le basi del cucito in tre mesi accanto a una première d’atelier; attorno al 1924 diventa aiuto modellista, poi seconda modellista e infine prima modellista presso la Maison Prémet, Place Vendôme. Intorno al 1930, vende le sue toiles, i prototipi di modelli, ai più grandi compratori di committenti che lavorano per l’Europa e gli Stati Uniti d’America. Nel 1933, Germain, soprannominata “Madame Alix”, collabora con Julie Barton per fondare la casa di moda “Alix Barton”. Il duo creativo è stato notato da l’”Officiel de la mode et de la couture” che mette in evidenza quanto “Mademoseille Alix, l’artista intelligente, abbia collocato in primo piano la Maison Alix Barton con il suo talento creativo”.
A partire dalla collezione “Estate 1933”, il vocabolario stilistico della futura Madame Grès prende forma a partire dalla sua tecnica di drappeggiare la silhouette con il minor numero di cuciture possibili; da ricordare anche i costumi da spiaggia o da piscina, audaci nella loro semplicità. Comincia a esplorare con tutta la curiosità di una sperimentatrice “ i tessuti-novità” come il jersey, il mohair, il satin cerato, il crin di nylon che lei deliberatamente disciplina.
Nel 1934, nuovi finanziatori le propongono di fondare una maison di couture di cui lei soltanto sarà la direttrice creativa. La maison “Alix” apre le sue porte all’ 83 di rue du Faubourg Saint-Honoré all’angolo con Avenue Matignon, appena sopra la celebre galleria “Bernheim-Jaune” e cominciano fin da subito a presentarsi le grandi clienti parigine e internazionali, star del cinema e personalità influenti.
Creazioni della Maison Alix degli anni Trenta
I costumi creati per “La guerra di Troia non avrà luogo” di Jean Giradoux, opera messa in scena da Louis Jouvet a l’Athenée nel 1935, le permettono di avere la massima consacrazione dalla rivista “Vogue Paris”: “Questa linea antica è resa da Alix la sua linea moderna: infatti i suoi costumi sono à la mode, subito indossabili. Come il testo dell’ opera, sono di grande attualità. “ Il 17 Aprile 1937 Germaine sposa l’artista russeo Serge Anatolievitch Czerefkow, detto Grès.
Mademoiselle Alix è un’ “artista” che scolpisce la stoffa in antichi drappi, abbiglia con un panneggio una statua del Pavillon de l’Elegance, presenta un rilievo in gesso – con il corpo in un abito drappeggiato – nel padiglione francese dell’Esposizione Internazionale di New York nel 1939 (vedi foto sotto). Nel giugno 1940, lascia Parigi senza il marito partito per Tahiti, per rifugiarsi con la figlia a Saint-Béat, nella Haute-Garonne, dove si trovano gli ateliers della Maison Alix. Comincia a indossare l’emblematico turbante di jersey che non abbandonerà più. Di ritorno a Parigi, grazie al sostegno di Lucien Lelong, presidente de la Camera Nazionale de la couture parigina, grazie alla liquidità ottenuta dalla vendita della sua quota nella Maison Alix, decide di lanciare la sua griffe. Situata al numero 1 di Rue de la Paix, la sua nuova maison di couture prende il nome di “Grès”, lo pseudonimo con cui suo marito firma i suoi quadri. L’ Officiel de la mode et de la couture osserva nel Novembre 1942: “Con piacere apprendiamo che Grès riappare sulla scena parigina e riprende immediatamente il posto che le appartiene”.
Il cambiamento da “Alix” in “Grès” è un fatto compiuto: “Grès è il nome che rappresenta l’essere a me più caro”, dice la couturière: non modifica nulla dello stile che ha fatto la gloria di Mademoiselle Alix dai tempi dei primi drappeggi in jersey. Nel Gennaio 1944, le autorità tedesche ordinano la chiusura della Maison Grès come esempio: riaprirà a marzo, a condizione di abbandonare il suo drappeggio, giudicato troppo costoso da realizzare in tessuto.
Creazioni Grès conservate al MET
Nel 1945, veste i figuranti del “Teatro della Moda”, vetrina dei mestieri dell’arte francese, che farà il giro del mondo. Nominata costumista assieme a Elsa Schiaparelli, crea gli abiti di scena indossati da Maria Casarès ne “Les dames de Bois du Boulougne” di Robert Bresson. Diventa la sacerdotessa della semplificazione (il termine minimalismo non è stato ancora coniato): stagione dopo stagione, le sue collezioni si succedono nell’atmosfera monacale dei suoi saloni bianchi. Prende l’abitudine di chiudere con doppia mandata la sua maison all’inizio di ciascun défilé: una cerimonia per se stessa ma anche per il pubblico, non abituato al silenzio e alla meditazione.
Nel 1949, è decorata con la Legion d’Onore con il titolo di Cavaliere. Nello stesso anno, veste l’attrice Silvana Mangano per il suo ruolo di Penelope nel film “Ulisse” di Mario Camerini, con Kirk Douglas.
Una creazione del 1951
Nel 1951, vengono realizzati alcuni capi con l’etichetta “Grès boutique” con l’intento di realizzare una linea di prêt-à-porter.
Dalla collezione autunno-inverno 58/59, comincia a produrre abiti con l’etichetta “Grès speciale”, una linea nata dalla sua unione con altri celebri stilisti come Lanvin o Nina Ricci all’interno dell’associazione “Prêt-à-porter Création”, che organizza fino al 1962 delle sfilate e delle iniziative di promozione. Contro ogni previsione, Alix partecipa alla nascita del ready-to-wear di lusso con abiti da giorno o cappotti dalle linee semplici. Nel 1958, sotto l’egida de l’Istituto internazionale dell’educazione e della Ford Corporation, Madame parte in India con un gruppo di studi per riorganizzare la produzione tessile locale. L’anno seguente, ispirata da tale viaggio, crea il profumo “Cabochard”, che riscontra un successo immediato.
“Un nome così potrebbe non essere adatto per un profumo”, dice, “ma mi piace perché mi fa pensare un po ‘ a me stessa”. Innovativo sin dalla sua creazione, questo profumo ha osato un nome con una forte personalità e un tono olfattivo d’avanguardia, il Chypré-vert e una bottiglia con un nodo di velluto grigio.
A sinistra: Veruska ritratta nel 1967 da Irvin Penn. A destra: Ingrid Boulting per Vogue Paris, Gennaio 1970
Nel 1972, viene eletta all’unanimità Presidente de la Camera Sindacale della Couture parigina e rimarrà in carica fino al 1989; successivamente, rimarrà Presidente onorario. Il 29 Luglio 1976, riceve per la collezione Autunno-inverno 1976/77 il primo “Ditale d’oro” de la Couture parigina, creato da Cartier.
Nel 1978, riceve a New York il Creative Leadership in the Art Profession Award, mentre in Italia il Primo Premio dalla Camera Nazionale della Moda Italiana come una delle donne più talentuose e più eleganti del mondo della moda.
Nel 1979 si allea con Cartier per realizzare la linea di gioielleria Grès-Cartier disegnata dalla creatrice per la collezione Autunno-inverno 1979/80.
Nel 1980, per il lancio della collezione pap Autunno-inverno 1980/81, dichiara a Vogue Paris: “Io non sono scesa nella strada, ci sono salita”. E’ decorata con la Legion d’onore con il titolo di Ufficiale per “il suo immenso talento e il suo spirito di donna d’affari fedele alla tradizione di prestigio della Francia che contribuisce a diffondere in tutto il mondo”.
Nel 1982, in occasione del trecentenario del Kunst Academie de l’Aia, il suo direttore e la Regina Beatrice d’Olanda la nominano “membro onorario”. Nel 1983, è nominata Comandante delle Arti e delle Lettere.
Nel 1984, la maison viene acquistata da Bernard Tapie: vi saranno numerose controversie e infine la liquidazione. Tapie cederà la maison nel 1987 a Jacques Esterel. Nel 1986 la maison è esclusa dalla Camera Sindacale della Couture parigina per mancato pagamento dei contributi, anche se Alix manterrà il tuo titolo di presidente.
Nel 1987, dopo due anni di affitto non retribuito, i tre piani della maison vengono svuotati in un solo giorno. “Abbiamo rotto i manichini e i mobili con un’ascia. Le toiles e i vestiti sono stati buttati nella spazzatura. E’ stato un vero lincenziamento. Nessuno si è trasferito. Ho dato l’obbligo a Julio, l’autista, di non portarci mia madre..”afferma Anne Grès. “Lei è venuta nel suo abitino nero. Pareva un fantasma. Quel giorno, si rese conto che le era stata rubata la vita.”
Nel 1988 la maison è finalmente acquistata dalla società giapponese Yagi Tsusho Limited, che è tuttora proprietaria. Madame Grès fa la sua ultima apparizione pubblica durante gli Oscar della moda all’Opéra Garnier: si ritirerà subito dopo la presentazione della collezione Primavera/Estate 1988, composta di soli ventuno modelli.
Nel 1993 Madame Grès, ritornata a essere Germaine Krebs, entra in una casa di riposo presso La Vallette-du-Var nei pressi di Tolone, dove morirà il 24 Novembre 1993, in grande miseria.
L’opera di Madame Grès
Abiti drappeggiati esposti al Musée Bourdelle
Nel 1938, l’”Officiel de la Mode” sostiene che nelle creazioni di Grès non si possa parlare di tagli ma di vere e proprie sculture: “Alix sembra intagliare e cesellare la materia, impastare e modella i tessuti fino a dar loro la stessa forma del sogno”. La massima aspirazione è quella di accompagnare il movimento della donna con naturalezza, fluidità ignorando le rigide regole del cucito. “Non conoscevo il mestiere di taglio e cucito. L’ignoranza è qualcosa di molto importante…dona purezza e innocenza, ti porta a provare cose che gli altri non oserebbero fare. E’ per questo che ho preso la materia e ho lavorato direttamente su di essa, usando la conoscenza che avevo, quella della scultura”. Inventa nuovi strumenti, come il dritto filo, che rappresenta il filo a piombo di una sartoria. Se Dior ha chiamato le sue collezioni usando il punto di vista dello spettatore (Linea H, A, Zig-zag, ovale, a tulipano, ecc…), una collezione di Grès nasce dal rapporto che si instaura tra il creatore e il corpo che modella (linee “zampillanati”, “liana”, “avvolgente”, “glissando”, “à corps perdu”, ecc.. ) Il plissé è il trademark della couturière: un sussgeuirsi di pieghe piatte prese in linea retta ogni 3 cm e con profondità costante di 1,5 cm che vengono cucite sottosopra e sporgono di 2mm all’esterno. Questo processo creativo dà vita a un nuovo jersey di seta di eccezionale larghezza prodotto dall’azienda tessile Racine: 280 cm di stoffa vengono ridotti a 7cm grazie alla tecnica sopra esposta, le pieghe sono minuziosamente fissate con una miriade di spilli sopra un manichino coperto di Kraft. Il jersey, direttamente tolto dal suo rotolo durante l’allestimento, viente tagliato una volta l’operazione è stata completata. La rete di pieghe ottenuta viene quindi cucita su un busto di balena chiamato dalle sarte “drappeggio”. La gonna, per cui il jersey cade liberamente, è formata dalle strisce utilizzate dal bustier: in media ci sono dai 13 ai 21 metri di tessuto in ciascuno di questi abiti. I primi abiti drappeggiati risalgono al 1934, utilizzando le proprietà elastiche di un jersey di seta artificiale.
“Questi abiti drappeggiati provengono dal mondo antico, ma non mi sono mai ispirata all’antichità. Nel momento in cui questo tessuto non esisteva, non avevo l’idea di fare drappeggi, ma appena l’ho avuto, il tessuto è caduto da solo … Al tatto, è possibile conoscere l’anima e il carattere di un tessuto. Quando drappeggio un modello di seta, reagisce nelle mie mani e cerco di capire e giudicare le sue reazioni. Così dono all’abito che creo una linea e una forma che il tessuto vorrebbe avere.” La massima esplosione di questa tecnica si ebbe negli anni 70, in pieno revival degli anni 30: molti stilisti fanno riferimento all’opera di Madame e Alix tornò in prima linea.
Abito del 1949
Grès è però anche creazioni da giorno: non ha eguali nel domare taffetà e lana, pratica le tecniche per realizzare tailleur con la stessa maestria di quelle usate per realizzare gli abiti da sera. I suoi completi e la sua gonna di flanella o i suoi completi maschili di una grande delicatezza. I suoi completi e la sua gonna di flanella o i suoi abiti di taglio maschili sono di grande delicatezza. Ai suoi contemporanei, Madame Grès rimprovera le idee appariscenti e superficiali – fonti di declino della haute couture. Mentre il New Look di Christian Dior trionfa a Parigi nel 1947, lei non ha mai usato un corsetto: il rispetto per il corpo e i suoi movimenti ha avuto la precedenza sulla sofisticazione delle forme. È la struttura senza gli ornamenti delle vesti persiane, indiane e berbere che Madame Grès sta cercando. Reinterpreta i pantaloni turchi, i vestiti lunghi di principesse indù e le maniche a kimono senza farsi abbagliare dall’esotico.
La sua ricerca di abiti “senza cuciture” è vicina all’abbigliamento tradizionale con la particolarità del taglio piatto e in un unico pezzo: burnous, djellaba, caftano, dalmatico ispirano i suoi vestiti, cappotti, mantelle …
Particolarmente abile nell’uso dei toni spenti, polverosi o a volte insospettabilmente luminosi, è una vera propria colorista con la propria cartella colori: il castagna, lo champagne, il cannella, il giacinto, il tartaruga, il bronzo, il verderame, il rosso ribes, tutte le sfumature di bianco, i neri profondi confluiscono per costruire un’armonia cromatica unica che dona perenne modernità ai modelli.
Negli anni ’60 e ’70, i suoi abiti e cappotti corti si radicalizzano, sorprendono per il loro minimalismo ma anche per la loro qualità di esecuzione: senza ornamento, sembrano veramente modellati, la linea e il volume donano loro una qualità scultorea. In tessuto double-face, quindi particolarmente preferito da Madame Grès, questi modelli hanno pochi equivalenti nella couture francese. Tuttavia, il corpo non è solo scolpito. Alla designer piace anche suggerirlo, per farlo indovinare sotto a indumento di aspetto austero: se ha condiviso con Balenciaga il gusto per le tele di Zurbaran e per l’abbigliamento monastico, questa attenzione ci riporta alla sua ricerca della purezza. I suoi abiti hanno acquisito una perfezione nella semplicità che rimane invariata nel tempo. Questa lezione di semplicità si trova soprattutto nei piccoli abiti da giorno – il cui rigore e aspetto “saggio” nascondono molti dettagli sensuali come profonde scollature nella parte posteriore, o dettagli di taglio, che tramite un movimento casuale evidenziano la curva di un corpo. Un gioco di contrasto che le piace mettere in scena, una sensualità inquietante in quanto mai esibita.
Creazioni da giorno
Le sue scoperte tecniche diventano modelli, come in architettura. Indifferente alle mode, inseguendo il suo lavoro, riprende e declina i motivi, le forme e le strutture della sua invenzione durante i suoi cinquantacinque anni di carriera. Nel tempo, gli abiti da sera in jersey plissettato sono meno numerosi, il suo design diventa sempre più minimale: avvolgimenti o pieghe di una singola fascia di tessuto che passa a filo dritto, cuciture limitate al minimo indispensabile … rimuovi di più e mantieni solo l’essenziale. A quasi ottantatre anni, ha raggiunto il suo obiettivo: un abito senza cuciture, realizzato in una maglia tubolare di lana con quattro forbici: l’orlo, la scollatura e i due giromanica.
« La perfection est l’un des buts que je recherche. Pour qu’une robe puisse survivre d’une époque à la suivante. Il faut qu’elle soit empreinte d’une extrême pureté. C’est là le grand secret de la survie d’une création.»
LFW: LA SFIDA VINTA ALLE PRESE CON UNDERGROUND E INNOVAZIONE
Se lo stile British è da sempre simbolo di eleganza e bon ton, la London fashion week è una vera e propria industria di talenti emergenti nel campo dell’underground e dello Streetwear. Seppur di nicchia sono moltissimi i buyer che puntano gli occhi a questa settimana come un vero e proprio investimento su giovani talenti visionari, che nel tempo hanno prodotto grandi risultati. A quanto pare è qui che nasce il FASHION 2.0. Lo street style colora la città durante questa settimana che molti definiscono “the innovative week”.
Basti pensare a quartieri come Camden Town, i sobborghi scuri delle zone 5 e 6 o anche a Portobello Road, per capire che Londra sarebbe diventata nel tempo un punto di riferimento per giovani talenti del fashion design, che hanno saputo prendere il meglio da una città che offre mille punti di vista. Quella di Londra è una vera e propria Academy Fashion Week, infatti la maggiorparte dei designer presenti sono freschi di laurea, e sono proprio loro da tenere sott’occhio.
Micol Ragni, ad esempio, è tra i più amati dello star system osannato da Rihanna e Rita Ora, il suo modo di fare moda è concettuale e a tratti teatrale.
La London Fashion Week offre anche moltissimi spunti per critica, come la Brexit, presa come punto di riferimento per la collezione di Katie Ann McGuigan che punta allo sport come collante fra un popolo diviso. Infatti, ispirandosi ai successi della nazionale inglese ai mondiali di calcio crea una linea di Jersey ispirata al football.
È una settimana che punta all’ecologia, è Green. Infatti, il British fashion Council ha deciso di inaugurare la prima settimana della moda NO FUR.
È la settimana di Riccardo Tisci, che rivoluziona Burberry a partire dal logo e crea uno show pronto a rivoluzionare per sempre il brand, introducendo la novità del “buy after show”, strizzando così l’occhio al mondo social. La collezione dal nome “Kingdom” sta ad indicare la grandezza del brand e la voglia di rinnovare e rivoluzionare questo regno rendendolo vicino al mondo dei millenials.
Ma il ritorno a casa in grande stile è stato quello di Lady Posh Spice, Victoria Beckham, che per la prima volta scende in passerella a Londra per festeggiare i 10 anni del suo marchio. La collezione risente del lifestyle neworkese minimal e cosmopolita. Ma per festeggiare ha creato una Limited edition tirando fuori il suo animo British creativo e innovativo.
Se stranamente doveva essere la settimana del new concept of fashion, è diventata la festa per un nuovo arrivo ed un anniversario. Londra ci sorprenderà.
E’ uno degli argomenti più vasti del mondo MakeUp e per il quale potrei scrivere centinaia di articoli e rispondere a mille domande, ma ci sarebbe sempre qualcos’altro da dire. Lavorando in Profumeria da tantissimi anni e truccando in tantissime occasioni mi hanno rivolto la domanda:
“secondo lei per me meglio un rossetto oppure un gloss?” , -“ma il rossetto mi invecchia? “ – “vorrei indossare un bel rossetto ma sbava” – “mi piace la consistenza del gloss ma non è lunga durata” – “vorrei un bel rossetto no-transfer” – “uso la tinta per labbra ma poi mi si inaridiscono troppo” e tante tantissime altre…
Ci sono delle piccole indicazioni da seguire per dire addio a questi dubbi amletici che assillano tantissime donne. Fondamentale per la scelta da fare è la propria età. Indubbiamente la teeenager potrà indossare senza alcun disagio qualsiasi consistenza, gloss, rossetto lucido, rossetto opaco, tinte, rossetto liquido, ma di sicuro il più adatto per la loro età è il lipgloss, a meno che non svolgano la professione di fotomodella e quindi per esigenze di sfilata e di shooting fotografici dovranno indossare il make up previsto dallo Stilista. Tra le altre cose il lipgloss nel colore preferito che può virare dal trasparente al colorato è facilissimo da applicare ed è l’ideale per chi si avvicina al Mondo del Make Up e sicuramente non richiede la massima precisione nell’applicazione.
Per le donne dai 25 ai 35 anni l’ideale potrebbe essere un rossetto dal finish brillante, sempre dopo aver definito bene i contorni delle labbra per attribuirne volume ed intensità, mentre le signore over 40 dovrebbero abbandonare l’idea del finish brillante e puntare sul finish mat.
In ogni caso il primo gesto da fare prima di applicare la matita contorno labbra è “idratare” le labbra possibilmente con un crema specifica contorno labbra o con uno specifico primer. Andremo ad applicare la crema nella fase iniziale di preparazione al make up in modo tale che mentre trucchiamo viso e occhi le labbra possano essere pronte per il trucco finale. La zona delle labbra è la zona che richiedere maggior precisione in assoluto sia nel momento in cui ci trucchiamo che da parte di chi ci trucca in quanto disegnare delle labbra in maniera asimettrica rovinerebbe completamente anche un make up perfetto viso/occhi.
Per levigare le labbra e prepararle alla stesura del rossetto spesso si applica poi un velo di correttore color nude. A tal proposito il contorno labbra deve essere delineato, preciso e simmetrico. Purtroppo le correzioni labiali si possono realizzare soltanto con la matita ma soprattutto con tantissima precisione e guardandole bene da ogni angolatura. Per le donne alle prime armi diverse case cosmetiche hanno presentato la matita contorno labbra trasparente che sicuramente non consente le correzioni labiali ma quantomeno evita la sbavatura del rossetto.
In base alla nostra età e alla circostanza decideremo poi se indossare un rossetto dal colore vivace, di tendenza, o un natural look o effetto nude.
A differenza dei rossetti brillanti i rossetti opachi garantiscono una tenuta migliore perché sono più scriventi e formulati con texture che promettono migliore aderenza sulle labbra. Ma non a tutte piace il finisch mat nonostante ci sia l’esigenza della formula “stay on”. In questo caso potremo applicare un gloss nella zona centrale delle labbra e mai in grossi quantitativi per avere un rossetto lunga tenuta ma dal finish “Shine”.
Tra gli errori da non commettere assolutamente ed a qualsiasi età il principale è quello di non truccare MAI le “labbra screpolate”. In tal caso provvediamo prima a prenderci cura delle stesse con esfolianti specifici e tanta idratazione. Solo dopo potremo dedicarci con cura al miglior make up labbra adatto per noi.
a cura di Alessandra Cristiani – Consulenza Spose LA FATA MADRINA
Le vacanze sono terminate ed a settembre una moltitudine di future spose inizierà a cercare di focalizzare lo stile da adottare per il giorno delle nozze… tradizionale, romantico, princesse, minimal, c’è solo l’imbarazzo della scelta! Molto dipende dalla personalità di ciascuna ma anche dal budget stanziato per l’abito da sposa.
Se tu che mi stai leggendo sei una futura sposa del prossimo anno (e oltre) potresti trovare questo articolo molto interessante, in particolare se ami lo stile vintage e trovi irresistibili i mitici anni ’50, infatti proprio questo è il mood di cui ti parlerò. Gli anni ’50 sono stati, a parer mio, un periodo estremamente fecondo per la moda, adoro guardare i vecchi film dell’epoca ed ogni volta resto a bocca aperta ammirando gli abiti e le acconciature delle attrici che li interpretavano.
Il Prêt-à-porter allora non era ancora così diffuso e gli abiti venivano confezionati in sartoria, sono di quegli anni le stupende ed indimenticabili creazioni di Dior, Givenchy, Balmain (per citare qualche nome) che hanno fatto la storia dell’alta moda.
Ma veniamo a noi! Lo stile anni ’50 oltre ad essere fashion offre alla sposa un sacco di vantaggi, vediamo insieme quali.
LA LUNGHEZZA DELL’ABITO DA SPOSA
Negli anni ’50 erano di gran moda gli abiti da sposa lunghi appena sotto il ginocchio oppure longuette ( poco più su della caviglia) per cui, se se stai pensando ad un abito corto, questo è lo stile perfetto per te .
LA LINEA
Corpetti aderenti e gonne ampie negli anni ’50 erano un must, il tutto arricchito da alte cinture che sottolineavano il punto vita, le scollature in voga erano decolletè, a V oppure omerali. Questo è uno stile facilmente replicabile se si confeziona la gonna dell’abito da sposa sovrapponendo vari strati di tulle per renderla vaporosa e la si abbina ad un corpetto aderente e strutturato.
GLI ACCESSORI
Per quanto riguarda gli accessori hai solo l’imbarazzo della scelta! Perle a profusione come gioiello, cappellini, cerchietti , velette o velo cortissimo per l’acconciatura e i guanti. Nonostante io non ami particolarmente questo accessorio per la sposa, devo dire che in un look anni ’50 i guanti danno veramente quel tocco in più, corti, lunghi oppure al gomito renderanno assolutamente super stiloso il tuo fifties wedding look.
Gli accessori sono sempre un ottimo pretesto per arricchire con note di colore il tuo abito da sposa, a maggior ragione se scegli il look anni ’50. Potrai usare anche tinte che creano forti contrasti, rosso, giallo e via dicendo, ovviamente poi un richiamo al colore prescelto dovrà essere inserito nelle bomboniere e negli allestimenti di nozze.
LE CALZATURE
Decolletè e Chanel dalla tipica linea a punta con tacco a spillo, ma anche open toe e ballerine saranno perfette!
DOVE TROVARE IL TUO ABITO DA SPOSA FIFTIES
Dopo averti dato alcuni suggerimenti di stile ti spiego come trovare l’abito da sposa fifties dei tuoi sogni e ti do una buona notizia, se il tuo budget non è principesco lo stile anni ’50 rappresenterà un’ottima soluzione infatti:
-Puoi farti cucire l’abito da sposa da una sarta con costi relativamente contenuti. Per confezionare la gonna , come ti suggerivo prima, puoi utilizzare il tulle che è voluminoso ed economico e se non ti piace a vista, puoi ricoprirlo con uno strato di tessuto a piacere, ad esempio l’organza o la stessa stoffa di cui è fatto il corpetto del tuo abito da sposa ( ad es. mikado, taffetà o douchesse)
-Puoi trovare il tuo abito da sposa nei mercatini dell’usato o nei negozi di abiti vintage, se parti con un certo anticipo avrai modo di fare una ricerca più approfondita. Ricorda comunque di avere anche una brava sarta a disposizione per le eventuali riparazioni che potrebbero rivelarsi necessarie.
-Puoi recuperare l’abito della nonna se è in buone condizioni e della tua taglia, se non lo fosse è meglio ti stia largo piuttosto che stretto, infatti se stringe troppo allargarlo potrebbe essere un problema visto il tessuto e la lavorazione “non recenti” che potrebbero creare fragilità o discromie nel tessuto.
-Puoi cercare il tuo abito da sposa fifties online, esistono siti specializzati dove puoi trovarne di belli a prezzi contenuti, in verità non sono molto favorevole dell’acquisto online dell’abito da sposa ma se sei una taglia più che regolare puoi valutare anche questa opzione.
Allora che ne pensi? Ti sono piaciuti i miei suggerimenti? Fammelo sapere lasciando un tuo commento all’articolo.
Arrivederci a presto con altri consigli ed idee dedicati a tutte le future spose, dalle pagine di MAGAZZINO26! Qui La Fata Madrina è sempre a tua disposizione.
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