DARE A COCO QUEL CHE É DI COCO

IL FRULLATO – IL LATO DELLA FRU

a cura di Sara Fruner

Ah settembre, settembre … Mese di contraddizioni. La fine dell’estate coincide con il back-on-duty: gli zaini ritornano sulle spalle degli studenti, gli uffici ritrovano i lavoratori e tutto riparte. Da un lato la nostalgia per la fine dei mesi estivi, dall’altro la voglia di vedere cosa ci porta questo nuovo anno ― in fondo settembre è un gennaio con l’animo mite e i colori caldi delle foglie cadenti. A noi, perdutamente innamorati di Venezia, cinema, parola e moda, questo mese porta golose sorprese. Dal 31 agosto al 10 settembre, la 73° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, con la Giuria capeggiata dal regista Sam Mendes, terrà banco in laguna.

Ma non è sul Lido che voglio attirare la vostra attenzione qui ― ci penseremo in separata sede ― bensì sulla Galleria Internazionale d’Arte Moderna della città. È lì, nello splendido palazzo di Ca’ Pesaro, che prenderà il via, il 17 settembre ― fino al 18 gennaio 2017 ― la mostra dedicata a Mademoiselle Gabrielle Coco Chanel, “La donna che legge”, il settimo episodio di “Culture Chanel”, progetto concepito e realizzato dal direttore artistico Jean-Louis Froment, che dal 2007 propone una narrazione culturale della Maison in location sempre diverse. Un percorso itinerante passato per Mosca, Shanghai, Pechino, Canton, Parigi e Seul, e che arriva per la prima volta in Italia grazie alla collaborazione con la Fondazione Musei Civici di Venezia.

Coco Chanel

Se la moda di Gabrielle “Coco” Chanel è stata sviscerata e studiata ― e copiata ― in ogni modo e maniera, è vero che la figura di Coco donna, grazie al suo eclettismo, al suo carisma, ai suoi infiniti interessi, offre continue scoperte a chi la conosce prevalentemente come stilista.

Era una raffinatissima e instancabile lettrice, Coco. La biblioteca del suo appartamento parigino al 31 di Rue Cambon ospitava Omero, Platone, Virgilio, Sofocle, Lucrezio, Dante, Montaigne, Cervantes, Madame de Sévigné, Stéphane Mallarmé, e gli scrittori che lei stessa conobbe come Jean Cocteau, Pierre Reverdy e Max Jacob.

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La mostra esplora il rapporto di Gabrielle con i libri e la scrittura, che poi la ispirarono per le sue creazioni. Libri ma non solo: saranno esposti anche molti oggetti d’arte provenienti direttamente da casa sua ― alcuni proposti al pubblico per la prima volta, c’informa la Maison ― tra cui fotografie, quadri, disegni, e ancora gioielli, profumi, clothes. Un totale di circa 350 pezzi davanti ai quali sgranare tanto d’occhi.

Una mostra che dà a Coco quel che è di Coco. Ribadisce il suo ruolo di pioniera nella creazione di uno stile femminile rivoluzionario; ne riconosce la profonda raffinatezza culturale; e sottolinea ― se ce ne fosse ancora bisogno ― che la moda, quando sboccia, come la sua, su un terreno colto, non è caprice des coquettes, ma espressione di un gender che finalmente prende atto delle necessità del proprio corpo e decide cosa indossare e cosa scartare. Per . Non per gli altri, non per gli uomini.

Un ritratto simile esce fuori anche in “Coco Avant Chanel – L’amore prima del mito”, il film di Anne Fontaine del 2008, con l’adorabile Audrey Tautou, che riesce nella difficile impresa di farci uscire dal meraviglioso mondo della sua Amélie, e farsi apprezzare anche nei panni di Gabrielle Chanel. Il film ha due pregi: mostra chiaramente quanto l’essere “donna di stile” di Coco fosse inscindibile dal suo essere donna di cultura, intelligenza, tagliente ironia ― tante sono le scene in cui è ripresa a letto mentre legge, e tante sono le risposte tranchant che assesta ai suoi interlocutori. Ci fa inoltre notare quanto il suo stile, rinnegando la moda tutta svolazzi e bustiers in voga in quegli anni, fosse diventato, nelle sue mani, uno strumento di emancipazione femminile. Eliminando gancetti e corsetti, proponendo la comodità del jersey e bandendo le tinte sgargianti da bambola in nome del nero ― il vero colore dell’eleganza ― la nostra couturier ha aperto la strada per la liberazione della donna.

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Certo, non vi lasciate ingannare da tutti i film girati su di lei… Per esempio “Coco Chanel & Igor Stravinsky”, saggio di noia del regista Jan Kounen incentrato sulla breve relazione amorosa tra Coco e il compositore Stravinsky, è didascalico, soporifero e propone una Chanel dispotica e legnosa ― al limite della bidimensionalità, direi ― che non solo non le rende giustizia, ma che rende la visione del biopic tremendamente faticosa.

Voglio chiudere su una chicca cinematografica che ho scovato frugando gli archivi online della Maison e che testimonia i numerosi sodalizi stretti da Coco con il mondo dell’arte: l’amicizia che la legò per moltissimi anni a Luchino Visconti. La stima tra i due era talmente profonda che il regista, in 1962, le affidò la realizzazione dei costumi di “Boccaccio ‘70”, chiedendole d’insegnare il suo “senso dell’eleganza” alla protagonista Romy Schneider ― finalmente libera dalle crinoline della Principessa Sissi… Del resto “Tutto il mondo del cinema desidera indossare Chanel”, dichiarava “Elle” nel novembre 1958, quando Coco vestì Jeanne Moreau per la pellicola di Louis Malle “The Lovers”…

Tutti pronti, quindi, il 19 settembre a Ca’ Pesaro, a scoprire Coco femme de livres.

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